Immaginate
di camminare lungo una strada di campagna, di quelle con l'asfalto
spaccato e i prati intorno. Sono le 10 del mattino ma il sole è già
molto caldo e rimbalzando sull'asfalto lo fa tremolare in lontananza.
State camminando da diverso tempo, il braccio esteso in fuori con il
pollice alzato ed il pugno chiuso sembra non funzionare. Il simbolo
universale dell'autostop non convince nessuna di quelle venti, o
forse trenta, auto che vi hanno superato a fermarsi. Continuate a
camminare sperando di arrivare presto a casa quando, finalmente, un grosso SUV nero accosta sul ciglio della strada seguito da un'altra
auto con targa governativa. Salite sull'auto che gentilmente vi
accoglie. All'interno vi trovate una signora che non potete fare a
meno di riconoscere: è la first lady del vostro paese. Nel sedile
davanti, invece, c'è il Presidente che, gentilmente, vi chiede dove
dobbiate andare.
Questa
storia potrà anche sembrarvi assurda, ma è esattamente ciò che è
successo a Gerhald Acosta, un giovane operaio Uruaguaiano che,
tornando a casa dal lavoro, ha ricevuto un passaggio da José
Alberto Mujica Cordano, detto El Pepe, il presidente dell'Uruguay.
Da
circa quindici giorni Pepe Mujica ha concluso il suo mandato come
presidente Uruguaiano, al suo posto Tabarè Vasquez, già presidente
prima dell'insediamento dello stesso Mujica. La legge uruguaiana
impedisce infatti due mandati consecutivi.
L'opera
portata avanti da Mujica, e dal suo governo, è stata sorprendente.
In pochi anni è riuscito a imprimere una svolta sia economica sia
sociale in un paese che rischiava di rimanere incastrato nelle
paludose economie sudamericane, ed invece ora lotta per continuare a
crescere. Durante il suo mandato gli stipendi e le pensioni sono
aumentate del 23%, la disoccupazione è calata fino ad un nuovo
record, è stato in grado di promuovere nuove forme di energia per
aumentare l'indipendenza energetica del paese. Le rivoluzioni più
grandi però le ha compiute nel campo sociale: dalla legalizzazione
della marjuana a quella dell'aborto, dalla politica di accoglienza
degli immigrati siriani all'opposizione al progetto energetico
congiunto con il Brasile che avrebbe fornito energia derivante dal
carbone, e quindi fortemente inquinante.
“Se
dovessi consigliare un giovane che abbia voglia oggi di fare
politica, gli direi che è meraviglioso lottare per ciò che uno
pensa, per quello che sente. È necessario imparare a vivere
coerentemente con quel che si pensa. Non dimenticartelo! Vivi come
pensi, altrimenti finirai per pensare come vivi.”
El
Pepe è riuscito a mostrare alle sinistre di tutto il mondo come sia
possibile portare avanti un programma politico che metta il mercato
al servizio delle persone, abbattendo il paradigma neoliberale che
individua nel mercato stesso la logica del benessere. Un sistema
perverso che crea individui che non riescono a legittimare la propria
esistenza al di fuori di una legge che interpreta l'intera realtà
attraverso l'economia. Mujica ha disegnato un'economia di stato che
non si identifica più in azienda, con l'obiettivo di massimizzare i
propri profitti, ma abbia come sua logica di azione la
ridistribuzione, all'interno della società, della ricchezza. El Pepe
ha avuto la forza di opporsi a questo sistema ed uscirne vincitore
accompagnando la sua lotta con l'esempio che egli, in prima persona,
dava ai propri concittadini e ai governanti di tutto il pianeta.
Le
iniziative che lo hanno visto protagonista sono eccezionali: ha
rifiutato di vivere nel palazzo presidenziale, rendendolo un ricovero
per senzatetto, per continuare a vivere nella sua fattoria poco fuori
Montevideo; è stato fotografato mentre, in coda, attendeva il suo
turno in un ospedale pubblico; possiede ed utilizza un vecchio
maggiolone del 1978; nonostante riceva uno stipendio mensile che si
aggira intorno ai 8300 euro ne tiene per sé solo 800 destinando il
resto in beneficenza. Questi sono, ovviamente, solo piccoli esempi
che non avrebbero alcun valore se non si accompagnassero con uno
sforzo politico e civile.
“Il
potere non cambia le persone, rivela come sono realmente.”
In
questa frase, forse più che in altre, è racchiuso tutto il pensiero
di Pepe Mujica, un uomo che prima di fare il politico di professione
era un combattente. Agli inizi degli anni Sessanta entrò a far parte
dell' MLN-T, il movimento rivoluzionario dei Tupamaros, un
gruppo armato di sinistra ispirato dalla rivoluzione cubana e dalla
difesa dei diritti dei lavoratori della canna da zucchero. Nel 1973, Mujica fu arrestato e trasferito in un carcere militare,
dove rimase per dodici anni rinchiuso in una cella ricavata in un
pozzo. Fu uno dei 9 dirigenti Tupamaros
prigionieri che la dittatura civile-militare chiamava
rehenes(ostaggi), ossia persone che, in caso di ulteriori azioni
militari dei Tupamaros in libertà, sarebbero state immediatamente
fucilate.
Mujica
ha avuto la forza di ricordarci che la politica moderna può essere
intesa come un'attività che ha ancora al centro il bene comune, che
tralascia il benessere personale. È un concetto che rimanda
fortemente alla Politica di stampo Arendtiano la quale può essere
realizzata solo attraverso un'azione condivisa che possa creare la
consapevolezza della possibilità dell'azione. Solo nell'azione è
possibile parlare di politica.
Alcune
delle rivoluzioni che Mujica ha compiuto potrebbero sfumare con la
nuova presidenza di Tabarè Vasquez, già contrario ad diverse
riforme, come quella sulla prostituzione o la legalizzazione della
marijuana. Tuttavia, non potrà sfumare il messaggio che Mujica ha
lanciato al mondo durante i suoi cinque anni di presidenza. Messaggi
che con la disarmante semplicità di un uomo che ha rischiato tutto
per la libertà mettono in ridicolo tutti i discorsi che dominano e
performano la nostra società; ma non solo, Mujica ha mostrato che un
nuovo modo di fare politica esiste. Non rifiutando le leggi del
mercato ma, semplicemente, scalzando la logica economica dal suo
vertice per porvi il benessere comune, o ancor meglio, la felicità.
“Sono
un militante da quando avevo quattordici o quindici anni. Non
cambierò certo a questa età. Militerò fino a quando le ossa me lo
consentiranno. Non so come, ma so che continuerò, perché per me
vivere è militare.”
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