mercoledì 18 marzo 2015

COME TI CAMBIO IL MONDO SOTTOVOCE. LA POLITICA MILITANTE DI PEPE MUJICA.


Immaginate di camminare lungo una strada di campagna, di quelle con l'asfalto spaccato e i prati intorno. Sono le 10 del mattino ma il sole è già molto caldo e rimbalzando sull'asfalto lo fa tremolare in lontananza. State camminando da diverso tempo, il braccio esteso in fuori con il pollice alzato ed il pugno chiuso sembra non funzionare. Il simbolo universale dell'autostop non convince nessuna di quelle venti, o forse trenta, auto che vi hanno superato a fermarsi. Continuate a camminare sperando di arrivare presto a casa quando, finalmente, un grosso SUV nero accosta sul ciglio della strada seguito da un'altra auto con targa governativa. Salite sull'auto che gentilmente vi accoglie. All'interno vi trovate una signora che non potete fare a meno di riconoscere: è la first lady del vostro paese. Nel sedile davanti, invece, c'è il Presidente che, gentilmente, vi chiede dove dobbiate andare.
Questa storia potrà anche sembrarvi assurda, ma è esattamente ciò che è successo a Gerhald Acosta, un giovane operaio Uruaguaiano che, tornando a casa dal lavoro, ha ricevuto un passaggio da José Alberto Mujica Cordano, detto El Pepe, il presidente dell'Uruguay.

Da circa quindici giorni Pepe Mujica ha concluso il suo mandato come presidente Uruguaiano, al suo posto Tabarè Vasquez, già presidente prima dell'insediamento dello stesso Mujica. La legge uruguaiana impedisce infatti due mandati consecutivi.
L'opera portata avanti da Mujica, e dal suo governo, è stata sorprendente. In pochi anni è riuscito a imprimere una svolta sia economica sia sociale in un paese che rischiava di rimanere incastrato nelle paludose economie sudamericane, ed invece ora lotta per continuare a crescere. Durante il suo mandato gli stipendi e le pensioni sono aumentate del 23%, la disoccupazione è calata fino ad un nuovo record, è stato in grado di promuovere nuove forme di energia per aumentare l'indipendenza energetica del paese. Le rivoluzioni più grandi però le ha compiute nel campo sociale: dalla legalizzazione della marjuana a quella dell'aborto, dalla politica di accoglienza degli immigrati siriani all'opposizione al progetto energetico congiunto con il Brasile che avrebbe fornito energia derivante dal carbone, e quindi fortemente inquinante.


Se dovessi consigliare un giovane che abbia voglia oggi di fare politica, gli direi che è meraviglioso lottare per ciò che uno pensa, per quello che sente. È necessario imparare a vivere coerentemente con quel che si pensa. Non dimenticartelo! Vivi come pensi, altrimenti finirai per pensare come vivi.”


El Pepe è riuscito a mostrare alle sinistre di tutto il mondo come sia possibile portare avanti un programma politico che metta il mercato al servizio delle persone, abbattendo il paradigma neoliberale che individua nel mercato stesso la logica del benessere. Un sistema perverso che crea individui che non riescono a legittimare la propria esistenza al di fuori di una legge che interpreta l'intera realtà attraverso l'economia. Mujica ha disegnato un'economia di stato che non si identifica più in azienda, con l'obiettivo di massimizzare i propri profitti, ma abbia come sua logica di azione la ridistribuzione, all'interno della società, della ricchezza. El Pepe ha avuto la forza di opporsi a questo sistema ed uscirne vincitore accompagnando la sua lotta con l'esempio che egli, in prima persona, dava ai propri concittadini e ai governanti di tutto il pianeta.
Le iniziative che lo hanno visto protagonista sono eccezionali: ha rifiutato di vivere nel palazzo presidenziale, rendendolo un ricovero per senzatetto, per continuare a vivere nella sua fattoria poco fuori Montevideo; è stato fotografato mentre, in coda, attendeva il suo turno in un ospedale pubblico; possiede ed utilizza un vecchio maggiolone del 1978; nonostante riceva uno stipendio mensile che si aggira intorno ai 8300 euro ne tiene per sé solo 800 destinando il resto in beneficenza. Questi sono, ovviamente, solo piccoli esempi che non avrebbero alcun valore se non si accompagnassero con uno sforzo politico e civile.
Il potere non cambia le persone, rivela come sono realmente.”

In questa frase, forse più che in altre, è racchiuso tutto il pensiero di Pepe Mujica, un uomo che prima di fare il politico di professione era un combattente. Agli inizi degli anni Sessanta entrò a far parte dell' MLN-T, il movimento rivoluzionario dei Tupamaros, un gruppo armato di sinistra ispirato dalla rivoluzione cubana e dalla difesa dei diritti dei lavoratori della canna da zucchero. Nel 1973, Mujica fu arrestato e trasferito in un carcere militare, dove rimase per dodici anni rinchiuso in una cella ricavata in un pozzo. Fu uno dei 9 dirigenti Tupamaros prigionieri che la dittatura civile-militare chiamava rehenes(ostaggi), ossia persone che, in caso di ulteriori azioni militari dei Tupamaros in libertà, sarebbero state immediatamente fucilate.

Mujica ha avuto la forza di ricordarci che la politica moderna può essere intesa come un'attività che ha ancora al centro il bene comune, che tralascia il benessere personale. È un concetto che rimanda fortemente alla Politica di stampo Arendtiano la quale può essere realizzata solo attraverso un'azione condivisa che possa creare la consapevolezza della possibilità dell'azione. Solo nell'azione è possibile parlare di politica.

Alcune delle rivoluzioni che Mujica ha compiuto potrebbero sfumare con la nuova presidenza di Tabarè Vasquez, già contrario ad diverse riforme, come quella sulla prostituzione o la legalizzazione della marijuana. Tuttavia, non potrà sfumare il messaggio che Mujica ha lanciato al mondo durante i suoi cinque anni di presidenza. Messaggi che con la disarmante semplicità di un uomo che ha rischiato tutto per la libertà mettono in ridicolo tutti i discorsi che dominano e performano la nostra società; ma non solo, Mujica ha mostrato che un nuovo modo di fare politica esiste. Non rifiutando le leggi del mercato ma, semplicemente, scalzando la logica economica dal suo vertice per porvi il benessere comune, o ancor meglio, la felicità.


Sono un militante da quando avevo quattordici o quindici anni. Non cambierò certo a questa età. Militerò fino a quando le ossa me lo consentiranno. Non so come, ma so che continuerò, perché per me vivere è militare.”



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