mercoledì 11 marzo 2015

SE NIENTE RIMANE

Era il 7 gennaio quando, a Parigi, due uomini armati entrarono nella sede di Charlie Hebdo e uccisero dodici persone lasciandone ferite undici. Sono passati ormai due mesi e le scritte, Je suis Charlie e Not in my name, sono scomparse e la battaglia per la libertà della satira e del progressista pensiero occidentale lascia il passo ad altri movimenti, lievi, e altre indignazioni passeggere che attraversano il web e la stampa.
Cosa resta di questa ondata di consapevolezza e di sano orgoglio libertario? NIENTE.

Nulla rimane perché nulla in realtà è mai stato. La consapevolezza era solamente un riflesso che, come in un labirinto degli specchi, nasconde la realtà; e l'orgoglio si è dimostrato essere null'altro che la volontà di sottolineare, ancora una volta, la differenza tra noi e loro, di schierarsi in maniera univoca in una pretesa guerra che si propaganda come culturale, quando è realmente solo una guerra, come tutte, di potere. Una guerra che trova la sua ragione nella politica e mai nella fede.
Non intendo scagliarmi contro Facebook o Twitter evidenziando come all'interno di queste realtà virtuali sia molto più semplice diffondere un titolo piuttosto che un pensiero, un'invettiva piuttosto che un ragionamento. Sarebbe una banalità. Il social network come dinamica sociale crea e disfa continuamente movimenti di opinione. Questi fuochi fatui del pensiero si rincorrono e scompaiono in qualche giorno proprio perché si muovono all'interno di un network, il quale, essendo una rete, segue le inclinazioni del momento. Il suo scopo non è cambiare le cose, e non lo sarà mai. Il suo scopo principale è quello di creare delle pseudo relazioni sociali che sviluppandosi, appunto, come una rete creino una forma di riconoscimento diffuso e rassicurante da parte degli altri individui.

Mi sono chiesto quanti di coloro che si sono schierati prontamente contro la barbarie di questo movimento islamo-nazista sarebbero pronti a difendere la satira quando fossero loro i bersagli. Sarebbero pronti questi guerrieri della democrazia e della libertà a difenderla nel momento in cui diventassero loro stessi l'oggetto di questa satira? Avrebbero costoro la capacità di superare emotivamente l'offesa e lo sberleffo per riuscire, così, a comprendere il vero bersaglio della satira che non è mai l'individuo, che si sente offeso, ma sono le contraddizioni all'interno di sistemi di pensiero diffusi? Nutro seri dubbi a riguardo.
Difendere la satira significa comprenderne il significato e significa imparare a fare un passo indietro e riuscire ad analizzare la questione da un punto di vista nuovo che la satira mette in luce. Questo processo deve essere fatto anche quando siamo noi, il nostro gruppo, la nostra religione o la nostra cultura ad essere al centro dello sberleffo. Nella satira oltre alla provocazione umoristico-psicologica iniziale, dopo la risata, entra in funzione un meccanismo di comprensione e di disagio che serve a riflettere proprio su ciò che è stato grottescamente evidenziato “colpire l’emotività per mettere in funzione il cervello.”


Niente sembra rimanere di quell'orrore che ognuno di noi ha genuinamente provato in quei giorni. Se niente rimane di tutte quelle parole e quegli articoli firmati da intellettuali, che come in un flipper in tilt rimbalzavano su tutti i giornali; se niente rimane di quella improvvisa voglia di una comicità seria, pensata e graffiante; se nulla di tutto ciò rimane allora cosa ci resta?
Ci resta l'umorismo, che ha nella satira la sua forma suprema e più alta. La satira, per essere buona satira, deve essere contro, deve odorare di rivolta e di rivalsa e ha il dovere, esattamente come l'arte, di mettere alla prova la nostra libertà.



Le persone stupide trattano le battute sulle cose brutte con lo stesso disgusto e timore con cui le persone intelligenti trattano le effettive cose brutte. E le due cose non sono collegate. […] Questo è ciò a cui serve l'umorismo. Per farci superare le cose brutte. È esattamente così che si è evoluto l'umorismo, per farci superare le cose di merda. Se non puoi fare battute sulle cose di merda non c'è alcun motivo di farle sulle cose belle. È come se la risata fosse un farmaco che cura le cose di merda e mi offrissero un farmaco che cura le cose belle. Non lo voglio quello. Mi piacciono le cose belle” Ricky Gervais 

2 commenti:

  1. L'ultima volta che ne abbiamo parlato indossavo i pantaloni a quadri. Mi calmo, rifletto, mi vesto e faccio la barba. Metto in ordine "cassetti cerebrali" (cit. Me stesso anni fa). Condiviso le tue parole ma dico anche che: rimane un certo senso di disperazione diffusa in alcune etnie, in alcuni posti, in stanze buie che ancora una volta compattamente abbiamo rifiutato di comprendere, rimane la nostra eterna separazione di origine crociata in buoni e cattivi, tanto utile a tenere coesi almeno gli occidentali umori, rimane quella foto tragicomica in cui leader mondiali si abbracciavano ad assassini, anch'essi leader mondiali, ma evidentemente assassini buoni. Se gli attacchi terroristici hanno alla testa, come tu dici, una lotta di potere, è anche vero che trovano terreno fertile in quelle stanze buie che dicevo. In quelle persone dimenticate. Sulla satira poi la vedo un po' come Francesco...se mi insulti la mamma aspettati un cazzotto. Se alla testa non frega nulla della mamma ci sono un sacco di alluci che per lei combattono. Non ho ancora capito perché ci si arroga poi il diritto di stabilire che perché io tollero di farmi dare dello stronzo lo debbano accettare tutti, nel mondo, indipendentemente dalla cultura, ed in nome della libertà...si è notato che mi sono rimesso i pantaloni a quadri?

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  2. Quello che mi spaventa non è tanto il fatto che la satira può piacere o no o che vada rispettata, come tu mi insegni mr smoking le parole avvolte fanno più male, se poi le parole sono scritte nascondono quella perfidia di studio mirato di precise frasi che ritmiche e con suoni vogliono ferire o meglio distruggere una opinione un pensiero o una religione altrui. Si è più bastardi quando si scrive o si disegna (come charlie). Hanno ucciso per quei disegni sono morti per quei disegni. Allora mi chiedo. Esagerata la reazione di quei decerebrati o esagerati a pubblicare quei disegni?... "non è lo stesso campo da gioco cazzo!!!" disse bad mother fucker... e condivido pienamente... una strage che non doveva essere evitata ma letteralmente non doveva esserci... eppure. Il mio smoking lo indosso in un quartiere dove al bar il giorno stesso di charlie oltre alla frase "Mimmo fammi il solito... visto cazzo è successo in Francia? Cazzo di negri hanno ucciso i giornalisti e il povero cristiano in mezzo alla strada" Mimmo accompagnando una grappa al fedele frequentatore del bar rispose "Brutta storia, per questo alla prossima fanno il minuto di silenzio". Fino a qui tutto normale "diciamo" (tralasciamo il fatto sportivo che segue questa strage, perchè per loro il calcio e vita) fino a quando... "SI PERO' SE LA SONO CERCATA, SOLO DA NON SCRIVERE QUELLE COSE". le parole sono le stesse del post Capaci e via d'Amelio disse mio padre indignato mentre sorseggiava il suo caffè lungo. I fatti cambiano, le stragi rimangono uguali ma i commenti rimangono gli stessi. Di cosa parliamo? cosa spaventa? Davvero ti spaventa l'indifferenza o meglio la moda di postare cose che nemmeno sanno per poi dimenticare subito dopo? o che le stragi rimangano tali ma soprattutto l'ignoranza della gente?... Ovvio charlie con mafia poco a che fare però il commento rimasto uguale... se la sono cercata... Forse preferisco quello che si dimentica e ha il buon gusto di tacere che quello che dice se la sono cercata... Solito discorso italiano vero caro amico che ora scrivi da laggiù... Se stai zitto campi cent'anni... Avvolte il mio smoking coperto in un bomber e airmax indossato in un bar nascosto tra le case popolari vorrebbe essere lasciato al sole giusto per poi riprendere quell'odore di sigari del mio buon vecchio Amico con i motivi quadrati fastidiosi allo sguardo. Sorseggio la mia dannata birra banale di un ragazzo di periferia... forse alla prossima provo del wisky un macallan invecchiato di 18 anni una volta un amico mi disse di provarla perchè merita...

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