L'aereo della Germanwings
recentemente precipitato sulle montagne francesi non è stato
intenzionalmente fatto schiantare dal pilota, Andreas Lubitz, ma è
stato abbattuto da un missile. Lo sapevate? L'attentato alla sede di
Charlie Hebdo non è stato compiuto dalla furia omicida e dal
fanatismo di alcuni squilibrati bensì è frutto di un piano dei
governi occidentali per rafforzare l'odio nei confronti del mondo
islamico in vista di una futura azione militare. Lo sapevate? E lo
sapete che Barack Obama in realtà non è americano, ma ha
falsificato il proprio atto di nascita per potersi infiltrare
all'interno del governo americano? In realtà è un comunista o un
rettiliano, a voi la scelta.
Potrei riempire intere
pagine di questo blog elencando tutte le principali teorie
complottiste degli ultimi anni, passando dalle torri gemelle, ai big
pharma, ai Kennedy, a Elvis e Paul McCartney senza dimenticare
alieni, scie chimiche e i sionisti.
Non è mio interesse
analizzare nei dettagli il contenuto di queste teorie argomentando, a
favore o contro, per cercare di dimostrarne la falsità o la
fondatezza. In parte perché la maggior parte di queste teorie sono
semplicemente sciocchezze, e in parte perché ciò che mi interessa è
approfondire un interrogativo che sta suscitando discreto interesse
in ambito sociologico e psicologico. Perché crediamo così
facilmente ai complotti?
Oramai qualunque evento
di cronaca, qualsiasi evento eccezionale, violento o naturale che
sia, viene immediatamente accompagnato da una versione “non
ufficiale” che si oppone a tutte le ricostruzioni della stampa e
dei media. Queste teorie non ufficiali, alcune molto fantasiose e
divertenti altre più realistiche, attraggono e convincono
immediatamente milioni di persone senza dover nemmeno portare l'onore
della prova.
Quando parlo di milioni
non pensate che stia esagerando. Sono finiti i tempi in cui il
complottista era un hippie squinternato in qualche baracca
dell'Arizona. Il numero delle persone che crede ai complotti è
realmente molto più alto di quello che pensiamo. Secondo una ricerca
dell'Università di Miami, condotta da J. E. Uscinsky e J. M. Parent,
circa un terzo degli americani, ad esempio, crede che l'11 settembre
sia stato organizzato dal governo americano o che Obama abbia
realmente falsificato il proprio certificato di nascita. Queste
ricerche hanno anche evidenziato come queste teorie riescano ad
attrarre persone di diversa estrazione sociale e culturale. Anche il
credo politico risulta piuttosto indifferente. Le persone di sinistra
sono più inclini a credere che i media e i partiti siano
l'espressione della volontà di potenti corporazioni segrete e
capitaliste; i conservatori, invece, ritengono che ci sia una
cospirazione giudaico-comunista che vuole impedire il predominio
americano. Inoltre se si crede ad un complotto si è portati a
credere anche a tutti gli altri.
Perché quindi ci
crediamo? Alcuni ritengono che sia il più banale dei meccanismi di
difesa. Non riuscendo a trovare una spiegazione per gli eventi così
imprevedibili e spaventosi della realtà ipotizzo un sistema,
segreto, che renda ragione delle proprie azioni in maniera
(occidentalmente) razionale: il potere o il denaro. Altri pensano
sia frutto dell'immaginazione e della fantasia di qualche squilibrato
che, sfruttando le paure e l'ignoranza delle persone, riesca a
lucrare su questi argomenti.
Quella che ritengo essere
una spiegazione del fenomeno è che esso non sia altro che la
propagazione di un sistema narrativo che è figlio del nuovo, e
piuttosto recente, movimento anti-scientista (di cui parlerò
prossimamente). Queste teorie, infatti, lungi dal fornire prove
accettate dalla comunità scientifica internazionale fondano la loro
retorica e traggono la loro forza proprio sul rifiuto, da parte della
comunità scientifica, delle stesse teorie e dall'opposizione che
conseguentemente ne nasce. Inoltre permettono, a chi legge gli
articoli, di porsi in una posizione di autoaffermazione intellettuale
utilizzando come strumento retorico l'opposizione con gli stolti, i
“dormienti” di cui la storia della filosofia è piena. In altre
parole, se non la pensi come loro diventi automaticamente una
vittima, o un complice, del sistema complottistico.
Molte
di queste teorie si fondano sull'assunto, piuttosto generalista e
storicamente non troppo ricorrente, che molte scoperte scientifiche
furono ritenute false al momento della loro prima pubblicazione. Il
paradosso si crea quando questi individui aspirano a entrare a far
parte, rivoluzionandolo, proprio del sistema di credenze che
criticano e che ritengono responsabile del male all'interno della
società.
Troppo
spesso le teorie cospiratorie incorrono in errori macroscopici. È
molto comune individuare una sorta di retorica
dell'argomento perverso, teorizzata
da Hirschmann, che permette loro di individuare i nemici, e le
conseguenze, che a priori già ricercavano. Questo spiega perché
siano sempre i servizi segreti Russi, Americani o Israeliani i
colpevoli. Mai una volta che siano gli svedesi! Un altro punto molto
controverso di queste teorie è la difficoltà con cui complotti di
queste dimensioni dovrebbero rimanere segreti. George Simmel, ne “La
Sociologia del Segreto”, ha dimostrato come un segreto può essere
mantenuto da un numero molto ristretto di persone, al massimo qualche
centinaio. Un segreto che coinvolge migliaia di persone è
statisticamente impossibile rimanga effettivamente tale. Inoltre
tutte queste teorie mostrano un enorme sopravvalutazione della
capacità di controllo, comprensione e previsione umana. Ogni evento
viene interpretato a posteriori, e successivamente portato come
prova, diventando parte di una catena di eventi ininterrotta che
dovrebbe condurre, senza alternativa, ad un evento anche molto
distante nel tempo. Nessun uomo è in grado di prevedere il futuro,
specialmente se questo include le azioni di altre persone.
Criticare
quello che Eco definisce come “fobia del complotto” non significa
affermare che non possano esserci complotti, che nel corso della
storia si sono sempre verificati, né tantomeno ritenere che non
esistano entità, politico economiche, che perseguono
indiscriminatamente i loro interessi. E non significa rinunciare a
farsi domande accettando per vero tutto ciò che i media e i governi
ci propinano. Criticare la fobia del complotto significa sottolineare
ancora una volta l'importanza di un pensiero critico che abbia in
primo luogo la necessità di sviluppare un metodo che sia coerente,
preciso, che non sia costretto a ricorrere a fantasiose congetture
per dimostrare la propria tesi. Un metodo che sia, in poche parole,
semplicemente scientifico.
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