“Una
sconfitta per l'umanità”. Queste sono le parole del Cardinale
Parolin, segretario di stato vaticano. A cosa si starà riferendo vi
chiederete? All'ennesima distruzione di opere d'arte da parte delle
bestie dell'Isis? A un altro scandalo di pedofilia all'interno della
Chiesa? Oppure al disastro ecologico californiano? Parole così forti
saranno per forza indirizzate verso qualche evento non solo
catastrofico ma quantomeno drammatico. Uno di quegli eventi che mette
in dubbio l'esistenza stessa di una “natura umana” che dovrebbe
distinguerci dagli animali.
Fino al
1993, in Irlanda, era un reato essere omosessuali. Ventidue anni
dopo, sempre in Irlanda, grazie ad un referendum popolare le persone
dello stesso sesso possono sposarsi.
È questa la
grande sconfitta. Che un gruppo di persone, discriminate sulla base di
un pregiudizio, possano essere equiparate giuridicamente agli altri.
Che sia concesso ad alcune persone di avere una scelta su cosa fare
della propria vita senza ledere nessuno.
Queste
parole, oltre a colpire per la loro durezza, sottolineano in maniera
chiara la visione ancora profondamente distaccata dalla realtà che
presentano le elitè cattoliche. Non stiamo parlando di un prete di
campagna ma del segretario di Stato vaticano.
Quello
che è avvenuto in Irlanda è qualcosa di eccezionale. Innanzitutto
per la forma. È la prima volta, infatti, che una decisione di questo
tipo viene affidata ad un referendum popolare. La seconda cosa che
colpisce è come questo referendum non abbia, come ci si poteva
aspettare, opposto conservatori credenti a laici progressisti.
All'opposto, è riuscito a portare allo scoperto una corrente di
credenti progressisti che riescono a coniugare la propria fede
cattolica con il diritto alla libertà.
Inoltre è
importante sottolineare come ciò sia ancora più significativo
proprio perchè è avvenuto in Irlanda, non certo la patria dei
diritti civili e del progressismo. Un paese dove l'aborto è
sostanzialmente ancora vietato, dove il divorzio esiste solamente dal
1997 e, come già detto, dove fino al 1993 esisteva il reato di
omosessualità. Dovremmo quindi gioire per quello che è successo
augurandoci che rappresenti una svolta perchè anche l'Irlanda si
allinei agli altri paesi europei. Invece c'è ancora chi se ne
rammarica, coloro che si ostinano a rifiutare di comprendere la
contemporaneità continuando, ciecamente, ad inseguire le suggestioni
di un mondo che, anche ammesso sia mai esistito, ormai non esiste
più.
L'unica
sconfitta per l'umanità è la continua negazione delle libertà
individuali che avviene quotidianamente in paesi progressisti e
democratici come quelli europei. Migliaia di cittadini omosessuali
sono spesso costretti a ricorrere a scappatoie legali o a spostarsi
in altri Stati per poter accedere al diritto di scegliere liberamente
come vivere la propria vita.
La
chiesa cattolica si rende portavoce del matrimonio come se fosse
qualcosa che le appartiene, come se per qualche ragione, spirituale o
storica, avesse il diritto di governare questa istituzione.
(Ovviamente questo discorso è valido per quasi tutte le confessioni
religiose). Tuttavia il matrimonio non è un'istituzione cattolica,
né tantomeno cristiana. Il matrimonio è presente in pressochè
tutte le culture in forme diverse, più o meno complesse, che
rispecchiano diversi modi di aggregazione familiare. Nessun
cattolico si permetterebbe mai di definire il matrimonio poliandrico
in uso presso alcune popolazioni tibetane, oppure la famiglia
“fraterna” dei Na e dei Nayar come “una sconfitta per
l'umanità”.
Continuare
a negare le libertà individuali nel nome di un principio religioso è
un segno di ottusità e
di paura. Paura verso ciò che non si conosce, paura verso ciò che
riteniamo sbagliato; paura per ciò che non comprendiamo o che peggio
fingiamo di non comprendere. Cercando
di impedire una libera scelta a persone che non la pensano come noi,
in questo caso sposarsi o non sposarsi, si commette una violenza che
non può essere giustificata da nessun supporto ideologico.
Il termine violenza non è casuale. Un atto violento non è
necessariamente accompagnato da un'azione di tipo fisico, molto più
spesso si esercita come un atto di potere arbitrario sugli individui.
E, in questo caso, voler negare la possibilità a due persone di
sposarsi in nome di un arcaica concezione della famiglia rappresenta
un abuso che nessuno Stato democratico dovrebbe poter tollerare.
Non si tratta, in questo caso, di criticare la logica cristiana che
vorrebbe impedire, a volte anche negare, l'esistenza
dell'omosessualità.
Ciò che vorrei fare è spingermi oltre. Il rifiuto del matrimonio
omosessuale non dovrebbe avere nulla a che fare con la religione
proprio perché il matrimonio è in prima istanza un'istituzione
umana culturale, non religiosa. L'opinione, perché di opinione si
tratta, o il continuo richiamo al retaggio culturale europeo non
dovrebbe avere nessun valore all'interno di un dibattito sui diritti.
Non perchè la fede cristiana non sia degna di parteciparvi ma perché
fa riferimento ad un sistema di valori e diritti inaccettabile per
qualsiasi stato si voglia definire moderno.
Riconoscere
che il mondo è differente da come lo vorremmo non significa
rinunciare a cambiarlo. Ed essere convinti della correttezza del
proprio pensiero, del proprio credo, non deve mai condurre ad imporre
quel credo agli altri.
Le
politiche repressive della chiesa hanno sempre tratto le conseguenze
opposte a ciò che ricercavano. Non è più possibile continuare a
fingere che il mondo non stia cambiando ed è necessario, per la
sopravvivenza stessa della Chiesa, che i diritti entrino a far parte
dell'agenda vaticana, i diritti di tutti.
Quando
arriverà in Italia una legge simile? È difficile da ipotizzare.
Nonostante l'Italia non abbia radici cattoliche particolarmente
profonde, il Vaticano continua ad esercitare una pesante influenza
politica e nonostante le parole di Papa Francesco, “chi sono io per
giudicare un gay?”, la chiesa non sembra ancora pronta ad
abbracciare un principio liberale di uguaglianza e di libertà.
Inoltre l'imbelle destra italiana “non
sà andare a destra senza finire nel manganello”
continuando, così, ad impastarsi la bocca di ideali protofascisti e
tradizionalisti.
Dopo il
successo del referendum Irlandese c'è già chi propone la stessa
soluzione anche in Italia. Non credo sarebbe la soluzione corretta.
Quando si parla di diritti è sempre un grande rischio lasciar
decidere “alla pancia” della gente. È la politica che deve avere
il coraggio, la lungimiranza, di compiere scelte che possano essere
anche invise alla maggioranza ma, tuttavia, corrette. Scelte compiute
in nome di un principio liberale che non ha bandiere politiche o
religiose.
Putroppo
sembra che coraggio e lungimiranza non siano vocaboli che si addicano
alla nostra classe dirigente, proprio per questo, ci toccherà
aspettare ancora.
“Prima che una scelta ideologica, quella liberale è una scelta di civiltà: nel senso che ha diritto a considerarsi e ad essere considerato liberale chiunque rispetta le opinioni diverse ed anche opposte alle sue. Ecco perché si può essere liberali anche militando sotto altre bandiere: quelle per esempio socialiste o cattoliche: basta che i loro militanti non pretendano di essere depositari di Verità assolute che escludono tutte le altre e d' imporre quella propria con gli strumenti del potere: la censura e il resto. Ecco il punto in cui il liberalismo si differenzia dalla democrazia che con la sua religione della maggioranza rischia molto spesso di diventare, in nome di essa, dispotica. L' oltranzista della democrazia crede che il numero sia il metro di tutte le cose e abbia il potere di rendere buone anche quelle cattive. Il liberale, quello vero, non rinunzia affatto a giudicarle secondo il suo metro morale, anche se riconosce il diritto della maggioranza a realizzare le sue volontà.”
I.
Montanelli
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