giovedì 4 giugno 2015

IL MATRIMONIO OMOSESSUALE E LA SCONFITTA DELLE LIBERTÀ

“Una sconfitta per l'umanità”. Queste sono le parole del Cardinale Parolin, segretario di stato vaticano. A cosa si starà riferendo vi chiederete? All'ennesima distruzione di opere d'arte da parte delle bestie dell'Isis? A un altro scandalo di pedofilia all'interno della Chiesa? Oppure al disastro ecologico californiano? Parole così forti saranno per forza indirizzate verso qualche evento non solo catastrofico ma quantomeno drammatico. Uno di quegli eventi che mette in dubbio l'esistenza stessa di una “natura umana” che dovrebbe distinguerci dagli animali.
Fino al 1993, in Irlanda, era un reato essere omosessuali. Ventidue anni dopo, sempre in Irlanda, grazie ad un referendum popolare le persone dello stesso sesso possono sposarsi.
È questa la grande sconfitta. Che un gruppo di persone, discriminate sulla base di un pregiudizio, possano essere equiparate giuridicamente agli altri. Che sia concesso ad alcune persone di avere una scelta su cosa fare della propria vita senza ledere nessuno.
Queste parole, oltre a colpire per la loro durezza, sottolineano in maniera chiara la visione ancora profondamente distaccata dalla realtà che presentano le elitè cattoliche. Non stiamo parlando di un prete di campagna ma del segretario di Stato vaticano.

Quello che è avvenuto in Irlanda è qualcosa di eccezionale. Innanzitutto per la forma. È la prima volta, infatti, che una decisione di questo tipo viene affidata ad un referendum popolare. La seconda cosa che colpisce è come questo referendum non abbia, come ci si poteva aspettare, opposto conservatori credenti a laici progressisti. All'opposto, è riuscito a portare allo scoperto una corrente di credenti progressisti che riescono a coniugare la propria fede cattolica con il diritto alla libertà.
Inoltre è importante sottolineare come ciò sia ancora più significativo proprio perchè è avvenuto in Irlanda, non certo la patria dei diritti civili e del progressismo. Un paese dove l'aborto è sostanzialmente ancora vietato, dove il divorzio esiste solamente dal 1997 e, come già detto, dove fino al 1993 esisteva il reato di omosessualità. Dovremmo quindi gioire per quello che è successo augurandoci che rappresenti una svolta perchè anche l'Irlanda si allinei agli altri paesi europei. Invece c'è ancora chi se ne rammarica, coloro che si ostinano a rifiutare di comprendere la contemporaneità continuando, ciecamente, ad inseguire le suggestioni di un mondo che, anche ammesso sia mai esistito, ormai non esiste più.

L'unica sconfitta per l'umanità è la continua negazione delle libertà individuali che avviene quotidianamente in paesi progressisti e democratici come quelli europei. Migliaia di cittadini omosessuali sono spesso costretti a ricorrere a scappatoie legali o a spostarsi in altri Stati per poter accedere al diritto di scegliere liberamente come vivere la propria vita.
La chiesa cattolica si rende portavoce del matrimonio come se fosse qualcosa che le appartiene, come se per qualche ragione, spirituale o storica, avesse il diritto di governare questa istituzione. (Ovviamente questo discorso è valido per quasi tutte le confessioni religiose). Tuttavia il matrimonio non è un'istituzione cattolica, né tantomeno cristiana. Il matrimonio è presente in pressochè tutte le culture in forme diverse, più o meno complesse, che rispecchiano diversi modi di aggregazione familiare. Nessun cattolico si permetterebbe mai di definire il matrimonio poliandrico in uso presso alcune popolazioni tibetane, oppure la famiglia “fraterna” dei Na e dei Nayar come “una sconfitta per l'umanità”.

Continuare a negare le libertà individuali nel nome di un principio religioso è un segno di ottusità e di paura. Paura verso ciò che non si conosce, paura verso ciò che riteniamo sbagliato; paura per ciò che non comprendiamo o che peggio fingiamo di non comprendere. Cercando di impedire una libera scelta a persone che non la pensano come noi, in questo caso sposarsi o non sposarsi, si commette una violenza che non può essere giustificata da nessun supporto ideologico. Il termine violenza non è casuale. Un atto violento non è necessariamente accompagnato da un'azione di tipo fisico, molto più spesso si esercita come un atto di potere arbitrario sugli individui. E, in questo caso, voler negare la possibilità a due persone di sposarsi in nome di un arcaica concezione della famiglia rappresenta un abuso che nessuno Stato democratico dovrebbe poter tollerare.

Non si tratta, in questo caso, di criticare la logica cristiana che vorrebbe impedire, a volte anche negare, l'esistenza dell'omosessualità.
Ciò che vorrei fare è spingermi oltre. Il rifiuto del matrimonio omosessuale non dovrebbe avere nulla a che fare con la religione proprio perché il matrimonio è in prima istanza un'istituzione umana culturale, non religiosa. L'opinione, perché di opinione si tratta, o il continuo richiamo al retaggio culturale europeo non dovrebbe avere nessun valore all'interno di un dibattito sui diritti. Non perchè la fede cristiana non sia degna di parteciparvi ma perché fa riferimento ad un sistema di valori e diritti inaccettabile per qualsiasi stato si voglia definire moderno.


Riconoscere che il mondo è differente da come lo vorremmo non significa rinunciare a cambiarlo. Ed essere convinti della correttezza del proprio pensiero, del proprio credo, non deve mai condurre ad imporre quel credo agli altri.
Le politiche repressive della chiesa hanno sempre tratto le conseguenze opposte a ciò che ricercavano. Non è più possibile continuare a fingere che il mondo non stia cambiando ed è necessario, per la sopravvivenza stessa della Chiesa, che i diritti entrino a far parte dell'agenda vaticana, i diritti di tutti.

Quando arriverà in Italia una legge simile? È difficile da ipotizzare. Nonostante l'Italia non abbia radici cattoliche particolarmente profonde, il Vaticano continua ad esercitare una pesante influenza politica e nonostante le parole di Papa Francesco, “chi sono io per giudicare un gay?”, la chiesa non sembra ancora pronta ad abbracciare un principio liberale di uguaglianza e di libertà. Inoltre l'imbelle destra italiana “non sà andare a destra senza finire nel manganello” continuando, così, ad impastarsi la bocca di ideali protofascisti e tradizionalisti.
Dopo il successo del referendum Irlandese c'è già chi propone la stessa soluzione anche in Italia. Non credo sarebbe la soluzione corretta. Quando si parla di diritti è sempre un grande rischio lasciar decidere “alla pancia” della gente. È la politica che deve avere il coraggio, la lungimiranza, di compiere scelte che possano essere anche invise alla maggioranza ma, tuttavia, corrette. Scelte compiute in nome di un principio liberale che non ha bandiere politiche o religiose.

Putroppo sembra che coraggio e lungimiranza non siano vocaboli che si addicano alla nostra classe dirigente, proprio per questo, ci toccherà aspettare ancora.


“Prima che una scelta ideologica, quella liberale è una scelta di civiltà: nel senso che ha diritto a considerarsi e ad essere considerato liberale chiunque rispetta le opinioni diverse ed anche opposte alle sue. Ecco perché si può essere liberali anche militando sotto altre bandiere: quelle per esempio socialiste o cattoliche: basta che i loro militanti non pretendano di essere depositari di Verità assolute che escludono tutte le altre e d' imporre quella propria con gli strumenti del potere: la censura e il resto. Ecco il punto in cui il liberalismo si differenzia dalla democrazia che con la sua religione della maggioranza rischia molto spesso di diventare, in nome di essa, dispotica. L' oltranzista della democrazia crede che il numero sia il metro di tutte le cose e abbia il potere di rendere buone anche quelle cattive. Il liberale, quello vero, non rinunzia affatto a giudicarle secondo il suo metro morale, anche se riconosce il diritto della maggioranza a realizzare le sue volontà.”
I. Montanelli


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