venerdì 3 luglio 2015

IL RAZZISMO NON INVECCHIA

Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. [...] Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.[...] La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione” e ancora “ Non sono, ecco, non sono come noi. La differenza sta nell’odore diverso, nell’aspetto diverso, nel modo di agire diverso. Dopotutto non si possono rimproverare. Oh, no. Non si può. Non hanno mai avuto quello che abbiamo avuto noi. Il guaio è che non ne riesci a trovare uno che sia onesto. “


Queste sono le parole spese dal Segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, riguardo i migranti e i rom, all'ultimo comizio per le elezioni regionali di Genova.
Sono parole che mi sento di condividere in pieno. È impossibile negare che l'enorme numero di persone che si sta riversando sulle nostre coste rappresenti un pericolo per l'Italia intera. Non soltanto continuiamo, infatti, a mettere a rischio la nostra salute. Con questa invasione mettiamo in gioco la nostra sicurezza e, ovviamente, la nostra identità che queste persone non accettano, ma anzi vogliono cambiare. Se non credete alle mie parole è forse più semplice comprendere la realtà attraverso alcuni dati: il 40% degli stranieri rinchiusi nelle carceri italiane è di provenienza del Nord Africa e la maggior parte di loro è in cella per reati gravi. La violenza sembra esser parte integrante di queste popolazioni. Queste persone vengono nel nostro paese perché sanno che qui potranno trovare aiuto e sostegno da parte dello Stato senza che diano in cambio nulla. Anzi, ne approfittano per rubare, stuprare e aggredire rendendo insicure le nostre strade.


Prima di essere invitato a Pontida o comparire sulla prima pagina de Il Giornale è meglio che mi fermi qui. Tutto ciò che avete letto fin'ora è falso, almeno in parte. Le parole citate non sono di Matteo Salvini ma sono tratte dalla relazione del 1912 dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano. Chi sono quindi quelle persone dedite allo stupro, che chiedono l'elemosina che mettono a rischio la sicurezza del popolo americano? Siamo noi. Il mio bisnonno e il tuo. Gli “Italiani brava gente, italiani dal cuore d'oro”. Anche le statistiche citate si riferiscono alle carceri americane dell'inizio del '900.
Lo scopo di questo parallelismo è mostrare come qualsiasi retorica razzista si muova sempre seguendo gli stessi binari: la differenza e la paura. Sottolineare la differenza tra noi e loro rende più semplice de-soggettivare questi individui per considerarli come un insieme indistinto di esseri che, come cani randagi, sono guidati dalla fame e dall'istinto. Quando si parla di flussi migratori non vi è mai spazio per la singolarità umana. Ecco allora che scatta la paura, fomentata dalla perenne emergenza, che ci permette di combatterli, di cacciarli come invasori. O noi o loro. Non importa affatto chi siano loro. Nella vita e nella morte queste persone scompaiono, rimangono, spesso, senza nome e senza patria.
La propaganda politica razzista ha la capacità di applicare la stessa retorica a qualsiasi popolazione, indistintamente. Se negli anni '90 erano gli albanesi il vero problema per la società italiana, pochi anni dopo sono diventati i musulmani, poi i rom e i rumeni (troppo difficile distinguerli) ora i profughi nord africani. La sicurezza delle nostre strade, delle nostre abitazioni e delle nostre donne è perennemente minacciata da popoli barbari, che come in una rievocazione dell'Impero Romano, si gettano su Roma per saccheggiarla. Nel frattempo, però, i reati in Italia continuano, fortunatamente, a diminuire. Una cosa hanno in comune tutte queste popolazioni: hanno attraversato e vissuto il disagio e la mancanza di riconoscimento come esseri umani. Esattamente come gli italiani che cercarono fortuna il secolo scorso.
La propaganda razzista si fa ogni giorno più forte e si infiltra in ogni strato della società. Arriva da destra ma viene raccolta in parte anche dalla sinistra, o da quello che ne resta. La retorica razzista mente, racconta falsi miti e leggende metropolitane per permettere all'odio di spandersi più rapidamente. Non pensate che si stia esagerando. Gli atti di razzismo denunciati (verbali e fisici) sono passati da 156 nel 2011 a 998 nel 2014 (“Terzo Libro bianco sul razzismo in Italia” Rapporto dell’associazione Lunaria.)

                                       

L'Europa si impegna e promette soluzioni mentre contemporaneamente mette in atto politiche sempre più restrittive alle frontiere. Inoltre è bene ricordare che quest'invasione in atto in Europa è molto diversa da come la raffiguriamo. I primi Paesi al mondo per numero di rifugiati accolti non sono i Paesi più sviluppati, ma sono gli Stati al confine di Afghanistan e Siria (Pakistan 1,6 milioni, Libano 1,1 milioni, Iran 982.000, Turchia 824.000 e Giordania 736.000) seguiti dai Paesi limitrofi a Sudan e Sud Sudan (Etiopia 587.000, Kenya 537.000, Ciad 454.000 e Uganda 358.000). Ad esempio, in Libano ci sono 247 rifugiati ogni 1000 abitanti, mentre in Giordania 144. Per avere un’idea è come se l’Italia in proporzione ospitasse dagli 8,5 ai 15 milioni di rifugiati.

Ancora una volta ci si rifiuta di affondare alla radice dei problemi per provare a risolverli, si rimane sulla superficie cercando di cogliere solo la prima impressione.
È più facile salire su una ruspa che combattere il lavoro nero e il caporalato, è più facile attaccare gli immigrati costretti a fuggire dai loro paesi in guerra piuttosto che fermarsi a riflettere su chi, di quelle guerre sia la causa. Inoltre, mentre da una parte la politica incassa voti con la retorica nazionalista e razzista, dall'altra il lato nero e nascosto della stessa politica costruisce un mercato “più redditizio della droga” sullo sfruttamento degli stessi migranti che dice di voler cacciare.

Sembra assurdo, nel 2015, ritrovarsi ancora a dover combattere il razzismo. Come se migliaia di anni di storia, di violenze e di atrocità non abbiano intaccato la presa che il razzismo ancora ha sulla cultura europea, e occidentale, a cui proprio gli stessi razzisti spesso si richiamano. Non serve a nulla mostrare le contraddizioni, le menzogne e le idiozie su cui il neo nazionalismo poggia le proprie basi ed è anche controproducente addurre la crisi economica, che ha colpito l'Europa, come la causa dell'aumentare del sentimento xenofobo e nazionalista, quasi ne fosse una giustificazione o, altresì, gli immigrati fossero la causa della crisi.
L'unica causa del razzismo risiede nell'ignoranza. Ignoranza di cui la propaganda si nutre per alimentare uno stato di generale indifferenza e mancanza di umanità. Tuttavia non è sufficiente la cultura, l'insegnamento, il ragionamento e la dedizione per sradicare il razzismo perché “La persona razzista non prova il bisogno di giustificare le sue opinioni e i suoi giudizi. Ha delle certezze, si costruisce delle evidenze indiscutibili, delle verità non contestabili.(Tahar Ben Jelloun, “Il Razzismo spiegato a mia figlia. Nuovi razzismi in Italia”).

È possibile, quindi, eliminare una volta per tutte lo spettro razzista? Mi ritrovo ad essere pessimista a riguardo. La forza del razzismo è che non invecchia. Crea autonomamente nuovi bersagli contro cui scagliarsi utilizzando sempre lo stesso linguaggio e lo stesso sistema di pensiero. Non credo sia sufficiente, come alcuni ritengono, semplicemente richiamare la solidarietà come nuovo cardine della nostra civiltà, o l'amore, o ricercare un principio comune di umanità condivisa. È necessario che i nostri sforzi si concentrino sulle aree di crisi più che sulle frontiere, è necessario fornire la possibilità a queste persone di mettersi in salvo mantenendo come priorità la vita umana. Inoltre, bisogna mettere in pratica strategie di integrazione più profonde che permettano a diverse culture di convivere e che pongano la cittadinanza non più come un privilegio ma un diritto a tutti gli effetti.




A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.”
P. Levi

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