“Non
amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso
vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed
alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni
agli altri. [...] Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma
sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi
sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno
molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le
nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici
ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo
agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I
nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma,
soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel
nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di
espedienti o, addirittura, attività criminali.[...] La nostra
sicurezza deve essere la prima preoccupazione”
e ancora “ Non
sono, ecco, non sono come noi. La differenza sta nell’odore
diverso, nell’aspetto diverso, nel modo di agire diverso. Dopotutto
non si possono rimproverare. Oh, no. Non si può. Non hanno mai avuto
quello che abbiamo avuto noi. Il guaio è che non ne riesci a trovare
uno che sia onesto. “
Queste
sono le parole spese dal Segretario della Lega Nord, Matteo Salvini,
riguardo i migranti e i rom, all'ultimo comizio per le elezioni
regionali di Genova.
Sono
parole che mi sento di condividere in pieno. È impossibile negare
che l'enorme numero di persone che si sta riversando sulle nostre
coste rappresenti un pericolo per l'Italia intera. Non soltanto
continuiamo, infatti, a mettere a rischio la nostra salute. Con
questa invasione mettiamo in gioco la nostra sicurezza e, ovviamente,
la nostra identità che queste persone non accettano, ma anzi
vogliono cambiare. Se non credete alle mie parole è forse più
semplice comprendere la realtà attraverso alcuni dati: il 40% degli
stranieri rinchiusi nelle carceri italiane è di provenienza del Nord
Africa e la maggior parte di loro è in cella per reati gravi. La
violenza sembra esser parte integrante di queste popolazioni. Queste
persone vengono nel nostro paese perché sanno che qui potranno
trovare aiuto e sostegno da parte dello Stato senza che diano in
cambio nulla. Anzi, ne approfittano per rubare, stuprare e aggredire
rendendo insicure le nostre strade.
Prima
di essere invitato a Pontida o comparire sulla prima pagina de Il
Giornale è meglio che mi fermi qui. Tutto ciò che avete letto
fin'ora è falso, almeno in parte. Le parole citate non sono di
Matteo Salvini ma sono tratte dalla relazione del 1912
dell’Ispettorato
per l’Immigrazione del Congresso americano. Chi sono quindi quelle
persone dedite allo stupro, che chiedono l'elemosina che mettono a
rischio la sicurezza del popolo americano? Siamo noi. Il mio bisnonno
e il tuo. Gli “Italiani brava gente, italiani dal cuore d'oro”.
Anche le statistiche citate si riferiscono alle carceri americane
dell'inizio del '900.
Lo
scopo di questo parallelismo è mostrare come qualsiasi retorica
razzista si muova sempre seguendo gli stessi binari: la differenza e
la paura. Sottolineare la differenza tra noi
e loro rende
più semplice de-soggettivare questi individui per considerarli come
un insieme indistinto di esseri che, come cani randagi, sono guidati
dalla fame e dall'istinto. Quando si parla di flussi migratori non vi
è mai spazio per la singolarità umana. Ecco allora che scatta la
paura, fomentata dalla perenne emergenza, che ci permette di
combatterli, di cacciarli come invasori. O noi o loro. Non importa
affatto chi siano loro. Nella vita e nella morte queste persone
scompaiono, rimangono, spesso, senza nome e senza patria.
La
propaganda politica razzista ha la capacità di applicare la stessa
retorica a qualsiasi popolazione, indistintamente. Se negli anni '90
erano gli albanesi il vero
problema per la società italiana, pochi anni dopo sono diventati i
musulmani, poi i rom e i rumeni (troppo difficile distinguerli) ora i
profughi nord africani. La sicurezza delle nostre strade, delle
nostre abitazioni e delle nostre donne è perennemente minacciata da
popoli barbari, che come in una rievocazione dell'Impero Romano, si
gettano su Roma per saccheggiarla. Nel frattempo, però, i reati in
Italia continuano, fortunatamente, a diminuire. Una cosa hanno in
comune tutte queste popolazioni: hanno attraversato e vissuto il
disagio e la mancanza di riconoscimento come esseri umani.
Esattamente come gli italiani che cercarono fortuna il secolo scorso.
La
propaganda razzista si fa ogni giorno più forte e si infiltra in
ogni strato della società. Arriva da destra ma viene raccolta in
parte anche dalla sinistra, o da quello che ne resta. La retorica
razzista mente, racconta falsi miti e leggende metropolitane per
permettere all'odio di spandersi più rapidamente. Non pensate che si
stia esagerando. Gli
atti
di razzismo denunciati
(verbali
e fisici) sono passati da 156 nel 2011 a 998 nel 2014
(“Terzo
Libro bianco sul razzismo in Italia”
Rapporto
dell’associazione Lunaria.)
L'Europa
si impegna e promette soluzioni mentre contemporaneamente mette in
atto politiche sempre più restrittive alle frontiere. Inoltre è
bene ricordare che quest'invasione in atto in Europa è molto diversa
da come la raffiguriamo. I primi Paesi al mondo per numero di
rifugiati accolti non sono i Paesi più sviluppati, ma sono gli Stati
al confine di Afghanistan e Siria (Pakistan 1,6 milioni, Libano 1,1
milioni, Iran 982.000, Turchia 824.000 e Giordania 736.000) seguiti
dai Paesi limitrofi a Sudan e Sud Sudan (Etiopia 587.000, Kenya
537.000, Ciad 454.000 e Uganda 358.000). Ad esempio, in Libano ci
sono 247 rifugiati ogni 1000 abitanti, mentre in Giordania 144. Per
avere un’idea è come se l’Italia in proporzione ospitasse dagli
8,5 ai 15 milioni di rifugiati.
Ancora
una volta ci si rifiuta di affondare alla radice dei problemi per
provare a risolverli, si rimane sulla superficie cercando di cogliere
solo la prima impressione.
È
più facile salire su una ruspa che combattere il lavoro nero e il
caporalato, è più facile attaccare gli immigrati costretti a
fuggire dai loro paesi in guerra piuttosto che fermarsi a riflettere
su
chi, di quelle guerre sia la causa. Inoltre, mentre da una parte la
politica incassa voti con la retorica nazionalista e razzista,
dall'altra il lato nero e nascosto della stessa politica costruisce
un mercato “più redditizio della droga” sullo sfruttamento degli
stessi migranti che dice di voler cacciare.
Sembra
assurdo, nel 2015, ritrovarsi ancora a dover combattere il razzismo.
Come se migliaia di anni di storia, di violenze e di atrocità non
abbiano intaccato la presa che il razzismo ancora ha sulla cultura
europea, e occidentale, a cui proprio gli stessi razzisti spesso si
richiamano. Non serve a nulla mostrare le contraddizioni, le menzogne
e le idiozie su cui il neo nazionalismo poggia le proprie basi ed è
anche controproducente addurre la crisi economica, che ha colpito
l'Europa, come la causa dell'aumentare del sentimento xenofobo e
nazionalista, quasi ne fosse una giustificazione o, altresì, gli
immigrati fossero la causa della crisi.
L'unica
causa del razzismo risiede nell'ignoranza. Ignoranza di cui la
propaganda si nutre per alimentare uno stato di generale indifferenza
e mancanza di umanità. Tuttavia non è sufficiente la cultura,
l'insegnamento, il ragionamento e la dedizione per sradicare il
razzismo perché “La
persona razzista non prova il bisogno di giustificare le sue opinioni
e i suoi giudizi. Ha delle certezze, si costruisce delle evidenze
indiscutibili, delle verità non contestabili.”(Tahar
Ben Jelloun, “Il
Razzismo spiegato a mia figlia. Nuovi razzismi in Italia”).
È
possibile, quindi, eliminare una volta per tutte lo spettro razzista?
Mi ritrovo ad essere pessimista a riguardo. La forza del razzismo è
che non invecchia. Crea autonomamente nuovi bersagli contro cui
scagliarsi utilizzando sempre lo stesso linguaggio e lo stesso
sistema di pensiero. Non credo sia sufficiente, come alcuni
ritengono, semplicemente richiamare la solidarietà come nuovo
cardine della nostra civiltà, o l'amore, o ricercare un principio
comune di umanità condivisa. È necessario che i nostri sforzi si
concentrino sulle aree di crisi più che sulle frontiere, è
necessario fornire la possibilità a queste persone di mettersi in
salvo mantenendo come priorità la vita umana. Inoltre, bisogna
mettere in pratica strategie di integrazione più profonde che
permettano a diverse culture di convivere e che pongano la
cittadinanza non più come un privilegio ma un diritto a tutti gli
effetti.
“A
molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno
consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa
convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si
manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine
di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il
dogma
inespresso
diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della
catena, sta il Lager.”
P. Levi
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